formazione psichiatrica

 

RACCONTO DI DE VINCOLIS ADRIANA

UNA DECISIONE INAPPELLABILE

La legge sul testamento biologico era stata approvata dal governo solo pochi mesi prima. Eppure per Virginia e Tommaso costituiva già un punto fermo; ma in realtà non erano d’accordo sul contenuto del loro personale documento. «Tommaso, dovresti convenire con me che una morte dolce, senza alcun acca-nimento terapeutico, è in grado di evitare tragedie come una possibile vita vegeta-tiva, o in seguito ad un coma profondo e forse irreversibile». «Appunto,Virginia. È quel forse che non mi convince: dal coma ci si può risve-gliare». «Si, a volte. Ma io personalmente non vorrei rischiare di svegliarmi con danni neurologici devastanti come è inevitabile che succeda». «Beh, non è inevitabile. Comunque ci sarebbe ancora vita e la speranza di poter effettuare altre cure». «Tra mille sofferenze fisiche e psichiche, e senza il mio consenso: non credo valga la pena di prolungare una vita che crea disagi a tutti. Una volta sarebbe stato impossibile». «Tu apprezzi le innovazioni scientifiche a seconda dell’uso che puoi farne: devi accettarle integralmente o rifiutarle!». «Secondo me occorre invece avere una visione critica. Alcune novità scientifi-che sono accettabili, altre no, almeno non per tutti. E poi ciascuno è libero di sce-gliere per sé senza caricare familiari e medici di responsabilità difficili e onerose». «Comunque, cara, non litighiamo. Tu rispetterai la mia volontà ed io la tua, la legge serve a questo». «Hai ragione. La paura di qualche imprevisto a volte prende il sopravvento. In realtà non esiste una vera garanzia che al momento cruciale gli altri siano in grado di agire secondo la nostra volontà, possono succedere moltissime cose…». «È proprio così, quindi smettiamo di preoccuparci di come moriremo e pensia-mo a vivere in pace». Virginia questa volta non replica. Suo marito era un uomo all’antica, con una visione religiosa della vita e non voleva turbarlo ulteriormente. Ma sentiva che c’era un nodo irrisolto. Lei invece era abituata a ragionare in modo pratico, con una visione laica pur essendo credente, e reputava inutili e lesive della dignità della persona tutte quelle pratiche che privavano l’individuo della sua capacità razionale e decisionale. Non era un problema semplice, e l’esistenza di una legge in merito non sempli-ficava di per sé l’applicazione della stessa nel modo più auspicabile. Ma infine lei poteva fare ben poco: la vita prende delle strade ignote e impreve-dibili. Si era truccata accuratamente e aveva indossato un tailleur blu notte con camicia in seta color perla. Più tardi, alla laurea del suo primogenito Alessio, voleva apparire in splendida forma. Alessio aveva appena compiuto ventitre anni ed era un giovane bruno, alto e sportivo; impegnato sentimentalmente con Serena, conosciuta all’università e di alcuni anni più giovane. Entrambi studenti in Medicina con un ottimo curriculum di studi, che Alessio avrebbe appunto coronato quella sera di primavera con una brillante laurea. Gli amici accorsero alla cerimonia numerosi e festanti, e anche molte coppie amiche dei genitori, oltre ai parenti, parteciparono all’evento gioioso della fami-glia. Tommaso, un pò controvoglia, aveva acquistato una moto di grossa cilindrata che suo figlio Alessio desiderava molto e che, in una città ad alta densità di traffico come è appunto Catania, gli avrebbe facilitato gli spostamenti. La moto fu ammirata e invidiata, oltre che dagli amici, dalla sorella di Alessio, Silvia, studentessa al primo anno di Ingegneria. Silvia, la piccola, aveva faticato parecchio per fare accettare a papà la sua scelta; il padre temeva infatti che lei avrebbe dovuto sacrificare, per seguire la professione, la sua vita di donna. Alla fi-ne Silvia l’aveva spuntata, anche con l’aiuto della mamma. Alessio e Silvia erano molto socievoli e amavano uscire le sere di fine settimana insieme agli amici, riu-nendosi spesso al Banacher, immensa discoteca all’aperto immersa in un verde tro-picale. Vi arrivavano uno stuolo di ragazzi intorno a mezzanotte, a gruppi o a cop-pie, con roboanti macchine sportive e scintillanti e velocissime moto. Il mite clima di Catania contribuiva a rendere più dolci le notti trascorse all’aperto dai rampolli della buona borghesia. Alessio si laurea con lode e proposta di pubblicazione. Virginia e Tommaso hanno gli occhi lucidi e stappano lo champagne appena fuori dall’aula magna. La sera avrebbero festeggiato con amici e parenti in un albergo della costa. Virginia guardava Silvia con apprensione: aveva scelto la stessa strada del pa-dre, e sembrava determinata a portare a termine gli studi con gli stessi ottimi risul-tati del fratello. «È stata una serata importante per noi, Virginia. Il merito è in gran parte tuo». «Credo che possiamo dividerlo equamente: sei un buon padre, Tommaso. I no-stri figli hanno un modello ineccepibile». «Grazie, cara. Speriamo che i nostri ragazzi abbiano un pizzico di fortuna, non chiedo altro». Ma, quando meno siamo preparati, la vita ci pugnala alle spalle. Uno squillo telefonico nel cuore della notte dà inizio all’incubo: una voce sco-nosciuta comunica a Tommaso che il figlio è in ospedale; che accorressero subito poiché non può aggiungere altro. Con il terrore negli occhi e senza avvisare Silvia, Virginia e Tommaso percor-rono a gran velocità i pochi chilometri per l’ospedale. «È stato un incidente, Ingegnere. Per fortuna suo figlio aveva il casco, ma non sappiamo ancora se ha lesioni al fegato o ad altri organi vitali. Stiamo effettuando gli esami; entrate solo per un attimo, prego». Virginia piange compostamente e prega, stringendo la mano del marito che im-preca contro le moto e i capricci dei ragazzi. Alessio, privo di sensi e intubato da tutte le parti, giace pallidissimo in un bian-co lettino. I medici intorno a lui si danno un gran daffare, ma non nascondono le difficoltà del momento. «Signora, aspetti qui fuori con suo marito, vi chiameremo appena possibile». «Avvisa Silvia e Serena, vorranno essere qui». Come un automa Virginia compone i numeri e mormora poche parole trattenen-do le lacrime. Le ragazze arrivano quasi subito, ancora sotto choc. «È grave, papà?» «Oh Silvia, non hai capito che potrebbe morire?» «Non dire così Serena, vedrai che Alessio ce la farà, è così giovane…» ma co-mincia a singhiozzare anche lui. «Vi prego, stiamo calmi. Ecco il dottore…». «La crisi cardiaca è stata superata, ma potrebbero esserci danni agli arti superio-ri e inferiori, non possiamo escludere nulla, neanche complicanze neurologiche: fa-remo il possibile, fra poco arriveranno i risultati della tac. Conoscete le volontà del ragazzo?» Virginia e Tommaso si guardano increduli … non avevano mai pensato che il problema potesse riguardare Alessio, la confusione li assale. «Chiedevo se il ragazzo ha manifestato a voce o per iscritto la volontà di una eventuale donazione di organi nella peggiore delle ipotesi, o l’utilizzo di macchine per tenerlo in vita artificialmente se non dovesse riprendersi nelle prossime ore». «Mamma, ascolta: so per certo che Alessio avrebbe voluto donare gli organi, parlava spesso di questi problemi quando vi sentiva in disaccordo». «Si, è vero Silvia. A me ha detto sempre che condivideva l’idea della madre, che non ci fosse accanimento terapeutico; ma si riferiva alle vostre volontà, non credo pensasse di essere lui in una situazione disperata…». Serena scoppia a pian-gere e si rifugia fra le braccia di Tommaso. Intanto accorrono gli zii di Alessio, e tanti amici e amiche; molti di loro si of-frono di donare sangue, ancora increduli per la velocità degli accadimenti: solo ieri sera erano stati ad una festa di compleanno tutti insieme in modo spensierato: ed ora Alessio poteva morire, o peggio, rimanere per sempre segnato da uno stupido incidente. La disperazione, l’esile speranza, e la preghiera che un incidente da ragazzi non si trasformi in tragedia è l’unico pensiero di Virginia e Tommaso. La richiesta del medico per un eventuale espianto degli organi del loro amatissimo figlio è davvero l’incubo peggiore che avrebbero potuto immaginare quando, molto tempo prima, avevano discettato di questi problemi pensando alla loro vecchiaia. Ed ora Alessio è in coma, forse mai più si sarebbe risvegliato. Poche ore per cambiare in modo ir-reversibile il destino di una famiglia. Trascorrono lunghissime ore, una notte intera a pregare e a piangere, aspettando i medici. Passano così tre interminabili notti e altrettanti giorni, segnati dall’arrivo a grap-poli di parenti e amici; l’incubo continua. Alessio era entrato in coma, seppure non irreversibile, come avevano detto appunto cautamente i medici, che evitavano di alimentare speranze non supportate da significativi miglioramenti. Non andavano a casa a dormire, Virginia e Tommaso: si alternavano rifugian-dosi in una piccola stanza che un medico aveva messo loro a disposizione. Sem-brava loro impensabile ed ingiusto che l’argomento di tante loro analisi avesse ora per oggetto il loro giovane amatissimo figlio. All’alba del quarto giorno li informano di un leggero miglioramento. Ed ecco che, piano, la luce dell’alba e della speranza squarcia l’oscurità inferna-le in cui erano piombati: Alessio si risveglia dal coma, sembra voler riprendere a vivere. L’incubo si allontana; fino a dileguarsi del tutto la mattina dopo, quando il pri-mario mostra soddisfatto i risultati degli esami. La vita stava vincendo, tornava a fluire nel giovane corpo di Alessio. Tutto adesso può ricominciare. Ma non come se nulla fosse accaduto. «Serena, Silvia, ci è stato concesso un miracolo. Ma non saremo mai più impre-parati e neanche voi. Sarà opportuno depositare le volontà, per chi non l’ha ancora fatto, in un testamento biologico, secondo la legge vigente. Noi abbiamo litigato tanto per trovare un accordo, ma è assurdo. È giusto che ognuno decida liberamen-te per sé e sia anche libero di modificare in seguito la sua volontà alla luce di nuovi eventi personali o scientifici». «Credo che questa brutta storia ci abbia aperto gli occhi, e siamo stati molto for-tunati a poter assistere alla ripresa di Alessio: è così giovane!» «Si cara Silvia, tuo fratello starà bene; ha sentito il nostro affetto e ce l’ha fatta. Ma ricordiamoci che non tutti sono così fortunati: le tragedie sono all’ordine del giorno ed irrompono nella nostra vita senza alcun preavviso, bisogna farsi trovare preparati». «E vivere tutti i nostri giorni come se fossero l’ultimo, ricordando sempre che la vita è un dono e che in qualsiasi momento può venire meno». «Si, è così Serena. Sei proprio una ragazza matura. Sarai una splendida compa-gna per nostro figlio. E grazie per il sostegno che ci hai dato». «Sono io che vi ringrazio per avermi accolta nella vostra famiglia, farò del mio meglio. Adesso vado da Alessio, mi starà aspettando». «Vai cara, ti raggiungeremo fra qualche minuto». Poi si stringono tutti in un abbraccio.

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