formazione psichiatrica

 

BORDONE ANDREA*

IL GAMBLING: ASPETTI PATOLOGICI DEL GIOCO D’AZZARDO

La lingua italiana utilizza unicamente il termine “gioco” laddove l’inglese di-stingue tra “play”, ossia il gioco con regole dove conta l’abilità del giocatore, e “gambling”, ossia il gioco basato sulla ricompensa e sulla fortuna. Il gioco d’azzar-do va naturalmente assimilato al secondo termine essendo un gioco in cui un ruolo determinante è svolto dall’alea. Uno dei primi a sostenere l’importanza ontologica del gioco è stato, Eugen Fink, che lo ha considerato un “Oasi di gioia”, un luogo di evasione e di affranca-mento dalle tensioni psichiche. Steiner lo definisce “un rifugio della mente”: un’oc-casione per costruire una realtà parallela e alternativa alla realtà quotidiana. Il gioco rappresenta dunque, un utile svago, una forma di intrattenimento e socializ-zazione, cui si ricorre per sentirsi liberi dai vincoli dela vita quotidiana. Tuttavia, l’esperienza ludica è, a volte, così travolgente da assumere i caratteri della malattia. Già Freud, nella monografia “Dostoevskij e il parricidio”, interpretò la coazione al gioco d’azzardo come una sorta di autopunizione in cui domina il bisogno di per-dere, che servirebbe ad espiare i sensi di colpa innescati dal complesso edipico. Bergler, che si è ampiamente occupato del gioco d’azzardo in chiave psicopato-logica, ha formulato una teoria la cui pietra miliare è proprio il concetto di “maso-chismo”. Il desiderio inconscio di perdere è infatti il tema su cui si è soffermato in “Psicologia del giocatore”. Tale desiderio viene definito come l’attitudine tipica di quelle persone che cercano inconsciamente l’umiliazione, la sconfitta ed il rifiuto. Un tale atteggiamento è da ricercare nei primi stadi dello sviluppo; infatti si riferisce a quel meccanismo difensivo operato dal bambino per fronteggiare l’ag-gressività ed il forte senso di colpa, originati dalle censure dei genitori e dalla loro imposizione del principio di realtà su quello del piacere. Tali sentimenti rivolti ver-so i genitori, sono insopportabili alla coscienza del bambino stesso, quindi la strate-gia psichica, è di rivolgerli verso se stessi; a ciò ne consegue il bisogno di autopu-nirsi e il trarre piacere dal farlo. In questo modo il dolore, la punizione e la colpa vengono convertiti in piacere. Il bambino così, ricercherà sempre situazioni puniti-ve e penalizzanti, anziché difendersene, e manterrà tale comportamento anche in età adulta. “È continuando a giocare, fino a perdere, che il giocatore può trarre la sua punizione”. Una caratteristica di personalità correlata ai problemi di gioco d’azzardo è sicu-ramente il “Sensation-Seeking”, ossia la tendenza a ricercare il rischio e le espe-rienze eccitanti. Secondo l’interpretazione di Zuckerman, il tratto di personalità SS è correlato alle differenze inter-individuali del sistema “arousal”, in particolare al suo livello basale di funzionamento ed al suo livello di reattività agli stimoli am-bientali. Sarebbe possibile evidenziare in ogni soggetto un livello ottimale di “arousal” corrispondente ad un livello ottimale di gratificazione “tonica” da stimoli ambientali. Al di sotto di una soglia di attivazione specifica ed individuale, nascerebbe il comportamento (Sensation Seeking) di ricerca attiva degli stimoli, quale risposta adattativa del soggetto alla perdita del tono sensoriale gratificante. Zuckerman, ha approfondito lo studio di questa variabile psicologica elaborando la “Sensation Seeking Scale”, un questionario a scelta forzata che permette di rico-noscere le persone che hanno maggiore bisogno di stimolazioni. Precisa inoltre, che l’aspetto più rilevante della dinamica SS è rappresentato dall’intensità dello stimolo, piuttosto che dal tipo di stimolo ricercato. L’intensità dello stimolo ricer-cato sarebbe, inoltre, proporzionale al deficit di gratificazione connesso all’insor-gere del comportamento SS. Le teorie cognitiviste hanno proposto di considerare il gioco d’azzardo patolo-gico una funzione di specifiche cognizioni distorte-irrazionali, come “l’illusione del controllo” e la “fallacia del giocatore”. La prima è definita come una distor-sione cognitiva che porterebbe le persone a considerare gli eventi di tipo aleatorio come se fossero sotto il loro controllo. La “fallacia del giocatore” invece, si veri-fica quando il giocatore tende a sopravvalutare la propria probabilità di successo in seguito a una sequenza di previsioni inesatte. Due ulteriori costrutti utili a spiegare il comportamento dei giocatori sono: la “brama di successo” e il “locus of control”. Il primo, spiega che le persone alla ri-cerca di successo, tendono a fare scommesse ad esito più incerto e prediligono i giochi di abilità. Il “locus of control” misura, invece, il grado in cui la gente pensa che la propria abilità possa influenzare o controllare ciò che avviene. I soggetti con “locus of control” interno, credono di poter controllare ciò che avviene attraverso i propri sforzi; i soggetti con “locus of control” esterno pensano, invece, che sia il fato a dirigere la loro vita. Le edizioni I (1952) e II (1968) del Manuale Statistico Diagnostico dei Dsturbi Mentali (DSM) ignoravano totalmente il gioco d’azzardo patologico (GAP); è solo nell’edizione terza del 1980 che il GAP viene introdotto come alterazione mentale tra i “Disturbi del Controllo di Impulsi non Altrove Classificati”, insieme alla Cleptomania, alla Piromania, al Disturbo Esplosivo Intermittente, alla Tricotilloma-nia ed al Disturbo del Controllo degli Impulsi non Altrimenti Specificato. Dai dieci criteri proposti dal DSM-IV-TR emerge che i giocatori patologici, so-no consapevoli che il loro comportamento compromette, distrugge o danneggia le loro relazioni personali, matrimoniali, familiari e lavorative, tuttavia, sono cronica-mente e progressivamente incapaci di resistere all’impulso di giocare. Gli impulsi sono pensieri o azioni stereotipati e ripetitivi “non legati all’ansia”, ma ad uno stimolo provocativo di tipo sensoriale o cognitivo, senza alcuna resistenza e la cui esecuzione è fonte di piacere (egosintonia). Il GAP, presenta anche analogie con i disturbi compulsivi. Le compulsioni, a differenza degli impulsi, sono “legate alla riduzione dell’ansia” o all’evitamento di un evento temuto e contrastate da un certo grado di resistenza, con conseguente messa in pratica di un atto considerato spiacevole (egodistonico) e afinalistico. Ciò che differenzia il GAP dal DOC, è l’eccessivo dubbio mostrato dai pazienti ossessivo compulsivi, che manca invece nei giocatori patologici; al contrario la possibilità della vincita tende ad assumere i caratteri della certezza. Un’altra similitudine è quella tra GAP e disturbi legati all’uso di sostanze. Il GAP fa parte delle New Addictions, nuove forme di dipendenza in cui non è impli-cato l’intervento di alcuna sostanza chimica. L’oggetto della dipendenza è in questo caso un comportamento o un’attività lecita e socialmente accettata. Tra le New Addictions possiamo annoverare: internet addiction, shopping compulsivo, work addiction, sex addiction ect. Le evidenze a favore del GAP come addiction sono: l’intenso desiderio dei giocatori come equivalente al “craving” provato dai tossico-dipendenti; la “tolleranza”, con aumento della frequenza delle puntate e della quan-tità di denaro speso per ottenere l’eccitazione desiderata; la presenza di sintomi tipici di “astinenza”, quali irritabilità, ansietà, insonnia, sudorazione, tremori ecc. I sistemi neurotrasmettitoriali coinvolti nel gioco d’azzardo patologico sono: il sistema serotoninergico, noradrenergico e dopaminergico, che modulano compor-tamenti diversi. La serotonina modula l’inibizione comportamentale e permette l’innesco del ciclo di gioco; la noradrenalina media l’attenzione e l’arousal, la do-mapina regola i meccanismi di gratificazione. Alcuni studi hanno ipotizzato la presenza di alterazioni a carico del sistema ge-netico di codifica per i recettori dopaminergici D2 dell’area mesolimbica e meso-corticale, traducibile in un “deficit di gratificazione cerebrale”, che gli individui proverebbero a “correggere” attraverso i stimoli esogeni prodotti da sostanze o da gioco d’azzardo (sindrome da deficit di ricompensa). Guerreschi classifica i giocatori patologici in “giocatori compulsivi”, che vivo-no il gioco come un obbligo insensato ma necessario; “giocatori d’azione”, che ri-cercano nel gioco un effetto di tipo euforizzante; “giocatori per fuga”, che giocano per trovare alleviamento dalle sensazioni di ansietà, depressione, rabbia, noia o so-litudine. A questi si aggiungono i “giocatori sociali”, per i quali il gioco rappresenta la principale fonte di divertimento, ed i “Giocatori professionisti”, che fanno del gioco un lavoro e si mantengono attraverso esso. Custer, ha elaborato uno schema che ci aiuta a conprendere l’evoluzione della “carriera” di un giocatore, inquadrando le diverse fasi di sviluppo. La prima fase di incontro con il gioco è definita “fase vincente”, caratterizzata da gioco occasionale e da vincite iniziali, che motivano a giocare in modo crescente, spesso grazie alla capacità del gioco di produrre piacere e alleviare stati di tensione. A questa fase, fa seguito la “fase perdente”, connotata dal gioco solitario, dal-l’aumento del denaro investito nel gioco, dalla nascita di debiti, dalla crescita del pensiero relativo al gioco e del tempo speso a giocare; i giocatori iniziano ad at-tribuire la colpa di ciò a un periodo sfortunato e sono continuamente alla ricerca di una grande vincita (rincorsa alle perdite o chasing). Subentra la “fase della disperazione”, in cui cresce ancora il tempo dedicato al gioco e l’isolamento sociale conseguente, con il degenerare dei problemi lavorativi/ scolastici e familiari che, talvolta, genera anche tentativi disperati di suicidio. L’at-teggiamento esteriore del giocatore è di attribuizione della colpa a tutti, tranne che a se stesso; interiormente, invece, è in una situazione di estrema angoscia e avverte il bisogno di giocare per alleviare le sofferenze. Solo dopo aver “toccato il fondo”, il giocatore cerca di uscirne con l’aiuto di persone esterne, ed attraversa altre tre fasi: la “fase critica”, in cui nasce il desiderio di aiuto, la speranza di uscire dal problema, nonchè di ricucire debiti e problemi socio-familiari; la “fase della rico-struzione”, in cui cominciano i miglioramenti nella vita familiare, nella capacità di pianificare nuovi obbiettivi e nell’autostima; la “fase della crescita”, in cui il sog-getto sviluppa maggiore introspezione ed un nuovo stile di vita lontano dal gioco.

RIASSUNTO Il gioco d’azzardo patologico rappresenta un disturbo in via di espansione, che oggi, più che mai, meriterebbe la nostra attenzione al fine di rendere possibile il riconoscimento di un comportamento problematico legato al gioco, evitando così che un “Oasi di gioia”, quella descitta da Eugen Fink, si trasformi in un oasi di tristezza e di disperazione.

SUMMARY Gambling represents an ever-growing disorder and nowadays it would need our attention in order to recognize this problematic game-related behaviour, avoiding that a “Oasis of joy”, as described by Eugen Fink, will become an oasis of sadness and despair.

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